Project Description
GLI INVISIBILI DI BELGRADO
A pochi passi dal centro della città, dietro la stazione dei treni della capitale serba, vivono da parecchi mesi più di mille persone. Uomini, ragazzi e bambini che hanno imparato a diventare invisibili. Le loro sagome camminano nel freddo gelido di Belgrado, riscaldate solo dalla minestra calda preparata tutti i giorni dai volontari e dal fumo dei tanti fuochi improvvisati dentro vecchi capannoni abbandonati. Un’unica richiesta: “Open the borders”, mille storie di vita diverse ma tutte segnate da violenza, emarginazione, guerra e da strada, tantissima strada.
Tutti noi abbiamo il dovere morale di ascoltarli e di impedire che muoiano per il freddo o per le malattie respiratorie. Abbiamo il dovere morale di essere un’Europa che garantisce libertà e dignità a tutti gli esseri umani. Abbiamo il dovere morale di cancellare le frontiere e di aiutare la ricostruzione morale e fisica delle loro vite.
L’augurio più grande che voglio fare a tutte queste persone è quello di trovare al più presto un luogo che possano chiamare “la mia casa”; intanto li ringrazio per la gentilezza con cui mi hanno aiutato a capire, aprendo con pazienza le porte della loro vita privata ad uno sconosciuto. (r.m.)
Biografia
Romano Antonio Maniglia nasce a Sapri, nella provincia di Salerno, il 22 ottobre 1981 e fin da bambino si appassiona all’arte aiutando il padre nel suo laboratorio di vetrate artistiche. Frequenta il liceo artistico e poi si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Carrara dove si laurea con il massimo dei voti in “Arti Visive” discutendo una tesi in fotogiornalismo. Negli anni dell’università si appassiona sempre di più alla fotografia e compra la sua prima macchina fotografica analogica. Da quel momento fotografare diviene un modo di vivere e portare in spalla la macchina fotografica quasi un bisogno. Dopo la laurea continua a studiare e frequenta, tra gli altri, un corso biennale di fotografia (ripresa e stampa) e uno di tecniche grafiche speciali presso l’Accademia di Belle Arti di Carrara. Successivamente, trasferitosi a Milano, segue un corso da photoeditor presso il centro Bauer coordinato dalla photoeditor di Sportweek Giovanna Calvenzi. Dopo Milano si sposta in altre città italiane partecipando a diverse iniziative culturali: collabora come fotoreporter con l’Istituto della resistenza senese (ISRS) nell’ambito della ricerca sulla memoria delle stragi nazifasciste, partecipa alla “Biennale in fieri” 2001 e 2003 e alla documentazione del XVI Simposio Internazionale di scultura organizzato dal Comune di Carrara. Nel 2001 prende parte al workshop delle arti figurative di Cipro con un lavoro pittorico dal titolo “Viaggio in CY/PRUS”: un disegno astratto di una Cipro divisa dalla lunghezza di nove metri realizzato interamente con penna biro su carta. Negli anni successivi si trasferisce a Roma dove lavora come grafico realizzando materiale per eventi culturali e facendo parte di associazioni volte alla valorizzazione del suo territorio di origine. Collabora con la casa di produzione audio-visiva Dadalab di Bologna realizzando reportage matrimoniali. Il suo principale interesse, però, rimane il reportage sociale e documentario. Durante la sua permanenza a Roma realizza numerosi reportage durante le manifestazioni politiche o per i diritti civili. Inizia una collaborazione con “Il Manifesto”. Nel 2013 viene scelto dallo chef Antonello Colonna per realizzare un servizio fotografico del suo resort presso Labico e per l’aggiornamento delle immagini del suo sito web. Nel frattempo partecipa a diverse esposizioni fotografiche, tra le altre una mostra personale dal titolo “Indignados” presso il Circolo delle arti di Mariano Comense organizzata da Filippo Borella. Insieme alla street photography predilige anche i reportage di viaggio. Oltre a svariati borghi italiani fotografa le città e il deserto del Marocco, la Spagna, l’Olanda e ritorna per più volte nella città di Berlino, sempre più al centro del panorama artistico attuale. Nel gennaio 2017, a seguito del suo interesse per la situazione dei migranti, decide di partire per Belgrado e di realizzare un reportage documentario restando per una settimana insieme ai rifugiati nel campo dietro la stazione centrale. Nel giugno 2017 a seguito di un progetto finanziato da un crowdfounding parte per il Ghana a documentare la tragica condizione di vita dei lavoratori nell’area della discarica di Agbogbloshie e del vicino ghetto di Old Fadama.