Project Description

Nel corso degli anni settanta e ottanta si assiste a un crescente spostamento d’interesse della fotografia italiana dal racconto in chiave realista sull’uomo e sul suo ambiente all’indagine sul paesaggio e sul territorio.

Con il tramonto della stagione della Contestazione e coi cambiamenti nel sistema dell’informazione, si incrina la fiducia nella fotografia come strumento di testimonianza e denuncia sociale, mentre le riflessioni dell’arte e della fotografia di ricerca portano l’attenzione di molti autori sugli spazi urbani come universi di segni attraverso cui leggere il vissuto di una società. Il territorio diviene allora una chiave di lettura forte per indagare l’inconscio collettivo di un paese, l’alienazione del paesaggio postmoderno, o al contrario diventa il mezzo per evadere in luoghi dell’astrazione e dell’immaginario.

Così, seguendo gli indirizzi della scuola di Düsseldorf di Hilla e Bernd Becher, Gabriele Basilico inizia un lungo lavoro di registrazione delle architetture di una città, come traccia della memoria, come regesto delle archeologie urbane, delle culture che si sono succedute in un territorio. Mimmo Jodice lavora su un materiale più antico, restituendo una lettura quasi metafisica dei luoghi e delle opere d’arte di Napoli e della Magna Grecia, infondendo vita in un mondo inanimato di oggetti che diventano proiezione delle visioni interiori del fotografo.

Gianni Pezzani nei suoi frammenti di paesaggio, catturati lungo la via Emilia e rielaborati in camera oscura, sembra dare corpo allo straniamento e spaesamento dell’individuo nella società contemporanea.

Franco Fontana legge il paesaggio come universo di geometrie con cui costruire quasi quadri astratti, con una poetica tutta incentrata sull’uso del colore. E Marina Ballo Charmet si rifugia nei rasserenanti toni chiari di vedute fuori dal tempo.

Mentre un autore come Massimo Vitali abbandona la fotografia di reportage per inserirsi nei nuovi percorsi della fotografia contemporanea e consegnare una rappresentazione ironica e a tratti grottesca e alienante della società del benessere, con i suoi luoghi di consumo e di svago.