Mauro Raffini
Masnà. Vite sospese tra centro e periferia
A cura di Sandra Raffini
Dal 18 maggio al 19 giugno 2024

I bambini ci guardano. Inevitabile e immodesto è il riferimento, guardando queste fotografie, al film di Vittorio De Sica (1943) con la sceneggiatura di un ispirato Cesare Zavattini. Ricordi di un cinema d’altri tempi, come il più maturo Sciuscià, sempre della straordinaria coppia De Sica- Zavattini, uno dei capolavori del neorealismo italiano. Naturalmente qui il contesto è diverso, parliamo di fotografia e non di cinema, due mezzi che esprimono la lingua delle immagini con strumenti e modalità differenti.  Le fotografie esposte ci riportano agli anni della grande migrazione dal Sud al Nord, più precisamente a Torino, dove il lavoro alla FIAT sembrava essere stabile e sicuro, dentro un quadro sociopolitico che risentiva ancora degli effetti del boom economico.
Gli anni sono quelli che vanno dal 1969 al 1979, anni cruciali densi di euforia rivoluzionaria, di conquiste di diritti fondamentali, di lotte e sconfitte, della “strategia della tensione” e della tragica stagione del terrorismo. Mauro Raffini ha attraversato quel periodo come giovane fotografo, attento ai cambiamenti, sensibile tanto alle manifestazioni quanto alle condizioni di vita di una nuova classe operaia. E dentro questo processo l’inevitabile e a volte struggente, presenza dei bambini. Vite difficili, quasi sempre ai margini, cresciuti nelle isolate periferie dell’edilizia popolare di Torino.  Un mondo a parte che ci parla di immigrazione e povertà, che ci interroga sul senso di quei viaggi intrapresi alla ricerca di una vita migliore. Spesso un viaggio di sola andata, come è il viaggio di tanti migranti di oggi.
I bambini che giocano e scavano buche, addentano di fretta un panino, guardano dalle scale di case di ringhiera o dietro le porte semichiuse, quasi sbarre di una prigione. Hanno grandi occhi curiosi, sorrisi a volte spontanei altri sfacciatamente in posa, i corpi dentro quelle magliette a righe strette, un cappello di traverso, il giubbotto per difendersi dal freddo, i pantaloni troppo corti. La macchina fotografica si fa strumento anche di quello che non si vorrebbe vedere: bambini in culla dentro soffitte umide o dentro camere buie e fredde o, ancora, nella cucina dove la famiglia si riunisce intorno a un tavolo per lavorare, bimbi piccoli inclusi, a montare per una lira le penne a sfera. Le auto abbandonate diventano per i ragazzini una giostra inattesa, dove si entra e si esce cambiando posizione, una mutevolezza che affascina lo sguardo. E ancora: il gesto della prima sigaretta come atto di sfida beffarda, i corpi esibiti come simbolo di un modello di prematura mascolinità.

Quartiere Vallette, Torino, 1974
Falchera, Torino, 1977
Porta Palazzo, Torino, 1967
Centro città, Torino, 1977
Corso Palestro, Torino, 1967
Via Bellezia, Torino, 1973
Soffitta a Porta Palatina, Torino, 1973