Giulio Obici
1978 Cartoline dalla Cina
A cura di Renato Corsini
Dal 19 novembre al 23 dicembre
Da martedì a domenica, dalle 15:00 alle 19:00
Inaugurazione venerdì 19 novembre, ore 18:00
Ingresso gratuito
Green pass obbligatorio
Giulio Obici, ancor prima di essere un fotografo, è un giornalista. Uno scrittore. Colto, preparato e, come si usa dire in questi tempi, impegnato. Impegnato anche quando, tra le mani, stringe le sue amate Laica per vestire i panni del fotografo. Privo di una committenza, se non quella della sua creatività intellettuale, Giulio, con il linguaggio delle immagini, sa esprimersi in tutta libertà, permettendosi divagazioni altrimenti non sostenibili. Come nel 1978, quando è andato in Cina. Il resoconto di quella esperienza, il senso del reportage e della cronaca lo ha demandato alla scrittura, a quella narrazione condivisa con la compagna Marcella Andreoli, le cui pagine, nell’edizione de “Il Ponte”, compaiono in questo libro. In qualità di fotografo non si è concentrato sul racconto di una realtà che, due anni dopo la scomparsa del condottiero Mao Tse Tung, incominciava a confrontarsi con il resto del mondo o una Cina che stava cercando una nuova via al comunismo post-rivoluzione culturale e che poteva offrire spunti di grandi riflessioni politiche; coerente con la sua dimensione di “flaneur detective” della fotografia, Giulio Obici preferisce riportarci momenti “quotidiani” che la sua grande sensibilità e capacità di interpretare rendono “straordinari”. Lo ha fatto con la discrezione, il rispetto e la cultura che gli appartengono, con quel suo personalissimo e subito identificabile “stile” che lo ha reso un protagonista della fotografia sociale: senza che necessariamente le persone riempiano le sue inquadrature, senza l’invasivo e imperativo bisogno della denuncia o il dichiarato obbligo di schierarsi. In quel viaggio, Giulio Obici prende appunti, racconta storie e ci restituisce una parte della “sua” Cina, quella di un esperto narratore che decide di scattare senza vincoli, alla ricerca di sensazioni, senza mai perdere la propria dimensione, spesso ironica, e volutamente non didascalica. Per chi scrive, scoprire e scegliere quegli scatti inediti, all’interno del suo archivio e all’interno di quell’esperienza che Giulio volle, contrariamente alle sue abitudini, fotografare anche a colori, è stato un onore legato anche a una grande responsabilità: quella di interpretare e individuare la sua lezione che non è mai solo e unicamente un esercizio di stile ma soprattutto una lezione di libertà espressiva. (Renato Corsini)
Giulio Obici (Venezia 1934 – Lago di Garda 2011) per oltre quarant’anni editorialista e inviato speciale, ha sondato il Palazzo e i suoi segreti, indagato il terrorismo dalla strage di Piazza Fontana al delitto Moro e seguito i grandi eventi giudiziari italiani dal processo Montesi del 1957 a quello palermitano alla mafia degni anni Ottanta. Ha svolto grandi inchieste sul tramonto della cosiddetta Prima Repubblica. Oltre a saggi di politica e di cultura, ha pubblicato per Marsilio (1967) “Venezia fino a quando?”, riedito nel 1987.
Come fotografo ha rivolto lo sguardo alle radici del Palazzo, la strada, là dove scorre la vita della gente, ma senza smarrire il piglio indagatore e il rigore analitico esercitati nel mestiere di giornalista. Una foto, un racconto, un’immagine, una storia: questo il suo progetto, fin dagli esordi, nel 1954.
Ha pubblicato per la Grafo editore (2002) un libro fotografico, “Racconti Metropolitani” prefato da Grazia Neri e dal poeta Franco Loi. Nel 2013, in occasione della rassegna antologica (“Giulio Obici fotografo”) presso la Wave Photo Gallery è stato edito da Zoom un catalogo con lo stesso titolo.
Nel 2015 la Marsilio ha pubblicato il libro “Il flâneur detective”, una serie di racconti sulla fotografia e non solo, che Obici aveva scritto verso la fine degli anni Novanta. Nel 2016 espone, con una mostra personale, presso la Galleria Tre Oci a Venezia.
Obici fotografava – esclusivamente in bianco e nero – con le Leica M e stampava da sé le proprie foto.